venerdì 26 settembre 2008

lunedì 15 settembre 2008

Libere zoccole in libero Stato


La propaganda femminista, con i suoi soliti metodi vittimistici a base di piagnistei, sostiene che quelle donne seminude che infestano, spudoratamente, televisioni e riviste, non sono mignotte, come invece ogni persona di buon senso potrebbe giustamente sostenere, ma niente di meno che delle "povere vittime" della violenza "patriarcale" e "maschilista" degli uomini. A ribadire bene questo concetto è stato, in questi giorni, quel ben noto maschiettino pentito di fotografo, tal O. T.(scrivo solo le iniziali, tanto mi fa schifo questo personaggio)-già promotore di quel miserabile spot misandrico su una nota rivista per stupide e sadiche donne-che parlando del concorso di Miss italia, prende le difese a favore delle concorrenti, facendole passare per delle "povere ragazze" vittime dei "porci maschi". Quindi se una femmina fa la troia, non è perchè è una troia, ma perchè è vittima della "violenza maschile". Il fatto è che da anni, le femministe e i loro schiavetti stercomaschiettini reclamano e rivendicano la "liberazione sessuale" della donna attraverso le loro demenziali battaglie a favore dell' adulterio(femminile) e per "l' autodeterminazione"[sic] femminile; e se le donne per "liberazione sessuale" non sanno intendere altro che quello di sfasciare famiglie con i loro loschi tradimenti e di puttaneggiare mercificando il proprio corpo, la colpa non può ricadere sugli uomini.Nessuno, infatti, obbliga le donne a spogliarsi pubblicamente per mostrare i loro corpi e la loro presunta "bellezza".Se le donne fanno ciò è perchè esse vogliono fare così(spesso inimicandosi proprio i loro padri),evidentemente,perchè si sentono investite di una legittimazione sociale e morale, che non dà loro limite alcuno alla decenza. Del resto,quello di usare il proprio corpo per salire posizioni nella gerarchia della società- dall' ambito lavorativo a quello politico- è stata sempre una peculiarità delle donne. Ad esempio,ogni qualvolta una donna raggiunge un certo rango, tale da attirare i riflettori mediatici, ciò è dovuto solo e soltanto alle caratteristiche seduttive del suo corpo(seno e sedere) e alle storie di sue avventure sessuali o flirt "amorosi"-che tanto appassionano il popolobue- e mai, invece, a meriti e capacità intellettive o morali che a quanto pare le donne non hanno o non si curano di mettere in mostra. Le femministe sanno bene che il corpo femminile è un' arma attraverso la quale le donne moderne accedono al potere o ad altre situazioni di privilegio, e per questo motivo liquidano con disprezzo chiunque si "permette" di richiamare le donne ad una maggiore compostezza nel modo di andare vestite: "noi donne siamo libere di vestirci come ci pare e piace", "Volete negare la nostra libertà", "siete maschilisti", e altri discorsi simili.E a proposito di "maschilismo", non si può fare a meno di notare l' ipocrisia con la quale usano e abusano di questo concetto; infatti, come abbiamo visto, prima tacciano di maschilismo chiunque si oppone ad un certo abbigliamento femminile indecente, quali scollature e perizomi, e poi, contraddicendo se stesse, addebitano al maschilismo stesso il culto mediatico delle immagini del corpo femminile, fatto proprio di sederi e seni in bella vista.Ciò perchè esse stesse si rendono conto di quanto il puttaneggiare degradi la dignità femminile, e siccome sanno di non poterne fare a meno, danno la colpa agli uomini.Questo atteggiamento, in realtà, rientra nell' ambito di un modo-molto comune oggi-di giudicare i comportamenti femminili,cioè quello di sollevare le donne da ogni responsabilità per le loro malefatte, riversando, invece, la responsabilità sugli uomini, come se le donne non avessero un proprio cervello che permettesse loro di stabilire se fare o non fare una determinata cosa. Di qui, tutti questi umori e sentimenti comprensivi o giustificatori nei confronti di talune donne assassine, che di tanto in tanto affiorano nell' opinione pubblica, e che talora, purtroppo, si traducono anche in assurde sentenze giudiziarie.